La genesi di questo lavoro è stata la necessità di acquisire dati per la redazione di un progetto. AVSI intendeva partecipare ad un Bando ENPI con un progetto per il villaggio palestinese di Birzeit. La richiesta espressa dalla municipalità consisteva nel semplice miglioramento della rete idrica cittadina.
L’acqua riveste un ruolo fondamentale nella vita di una comunità. In Palestina è una risorsa contesa, usata come strumento di controllo per il territorio, in parte occupato da Israele.
A partire da un problema di natura tecnica, infrastrutturale, si è voluto sperimentare un approccio nuovo. La conoscenza più approfondita del contesto ha fatto emergere la vera portata del progetto e allo stesso tempo ha permesso di cogliere gli indicatori della sua efficacia. La persona non è semplicemente intesa come utente della rete, considerata in termini di litri d’acqua consumati o di fabbisogno idrico giornaliero. Si è voluto introdurre uno sguardo diverso sul territorio e sulla vita della comunità di Birzeit: l’originalità consiste quindi sulla costruzione della conoscenza del dato, dentro un rapporto ravvicinato con la realtà locale.
Occorre brevemente accennare al contesto generale, per cogliere in quale quadro si collochi il villaggio di Birzeit. Numerosi fattori hanno determinato l’assetto attuale della Cisgiordania, chiamata comunemente West Bank. Nel descrivere la West Bank si fa spesso riferimento alla dimensione “territoriale” e “spaziale” del conflitto in corso.
Nel 1967 con la guerra dei sei giorni Israele occupa la Cisgiordania e la inizia la costruzione delle colonie al di fuori dei confini stabiliti nel 1949 e riconosciuti come Stato di Israele dalla comunità internazionale.
Con la firma dei primi Accordi di Oslo nel 1993 il territorio palestinese – è suddiviso in aree A,B,C. Nelle aree A ricadono le zone totalmente in mano all’Autorità Palestinese; nelle aree B l’amministrazione è palestinese ma il controllo militare è israeliano, mentre le aree C sono zone controllate completamente dagli israeliani. Circa 600.000 israeliani vivono all’interno dei Territori Palestinesi. Le 200 zone abitate dai palestinesi sono circondate da colonie israeliane e da aree controllate dall’esercito.
Durante la seconda Intifada sono state irrigidite le divisioni tra queste “enclave” palestinesi, aumentando i controlli e limitando la mobilità da una zona all’altra.
È cominciata inoltre la costruzione del Muro di Separazione. Il percorso accidentato di questa frontiera è il riflesso dei tanti conflitti territoriali su questioni relative alla demografia, alla sicurezza militare, all’archeologia della storia ebraica e anche al controllo delle risorse naturali, come la falde acquifere.
La dimensione effettiva dell’occupazione segue una logica “tridimensionale”; va oltre la superficie del suolo. Il tentativo di dividere e allo stesso tempo di collegare i rispettivi frammenti di territorio corrisponde ad una separazione realizzata sul piano verticale, fatta di reti, di strade sopraelevate, tunnel e infrastrutture idriche indipendenti.
Esiste una forte disparità tra Israeliani e Palestinesi nell’accessibilità alla risorsa idrica.
Il consumo pro capite dei Palestinesi rimane al di sotto della soglia minima prevista dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Circa 1/3 dei villaggi della Cisgiordania non è ancora allacciato ad una rete idrica, solamente 10 città sono servite da un sistema fognario, solo un impianto di trattamento degli scarichi è operativo.
Attualmente i principi per l’uso delle risorse idriche della West Bank sono stabiliti dall’articolo 40 degli accordi di Oslo del 1995, che quantifica la disponibilità d’acqua e le rispettive estrazioni nelle tre falde sotterranee condivise (uniche riserve d’acqua oltre al Giordano e il Mar Morto). Nonostante sia previsto per le risorse idriche un uso basato sul consenso, Israele ha mantenuto il controllo sulla gestione: la distribuzione dell’acqua nella West Bank è gestita a vari livelli da servizi pubblici regionali, municipali e da enti locali. L’erogazione d’acqua dalla rete da parte di questi operatori palestinesi frammentati si appoggia tuttavia in gran parte alla Mekorot, la compagnia idrica israeliana.
Tutti i progetti palestinesi relativi allo sviluppo di nuove fonti d’acqua – come lo scavo di nuovi pozzi e la costruzione di una rete a larga scala – devono ottenere l’approvazione da parte di Israele, che solo raramente la concede.
In un contesto come quello descritto finora, qual era la modalità più adeguata per costruire una risposta al bisogno espresso dalla municipalità di Birzeit?
Si trattava di riabilitare la rete idrica di un villaggio di circa 5.000 persone.
Come già accennato, abbiamo voluto implementare un metodo che guardasse a quel “particolare bisogno tecnico” da un punto di vista ampio, allargato, capace di cogliere una pluralità di aspetti differenti, con l’ipotesi di implementare un uso più sostenibile della risorsa in tutto il villaggio, e quindi una possibilità concreta di sviluppo.
Tentiamo di esplicitare alcuni caposaldi metodologici per descrivere come si è costruita questa ricerca preliminare e di conseguenza il progetto.
Il villaggio di Birzeit si trova a 10 km dalla città di Ramallah sull’asse principale che collega le più importanti città della West Bank. Si sviluppa su un territorio collinare di 14 km quadrati prevalentemente terrazzati e coltivati ad ulivi, ad un’altitudine che varia tra i 750 e gli 820 metri slm. Birzeit è un villaggio conosciuto per la presenza della sua università.
Aumentare la disponibilità d’acqua per le persone è diventata l’ipotesi con cui guardare a come il villaggio si è costruito ed è cresciuto, con cui leggere il suo territorio e le sue caratteristiche.
Birzeit possiede una rete idrica, installata per la prima volta negli anni ’70, solo in parte già riqualificata per ridurre le perdite. A differenza degli altri villaggi circostanti la rete è gestita direttamente dalla municipalità, che compra l’acqua da una compagnia palestinese, il Jerusalem Water Undertaking, questo ente a sua volta s’appoggia in gran parte alla Mekorot, acquistando parte dell’acqua da Israele. La gestione municipale dell’acqua rappresenta un costo maggiore per gli abitanti. La fornitura d’acqua al villaggio in estate non è continua, ci sono grossi problemi di pressione nella rete, soprattutto per le case poste più in alto.
L’inefficienza della rete – legata ad una questione politica – ci ha spinto a considerare anche alcune fonti d’acqua “alternative”. A Birzeit manca una rete fognaria, non ci sono specchi d’acqua né pozzi, ma sono presenti sette sorgenti, più o meno ricche d’acqua. Solo alcune di esse sono parzialmente sfruttate per irrigare campi coltivati o in alcuni parchi giochi durante l’estate.
Abbiamo considerato il territorio, le strade, gli edifici e gli spazi della città secondo il loro rapporto con la risorsa idrica. Birzeit ha una piovosità media di 500 – 600 mm all’anno, concentrati nei soli mesi invernali. Ci siamo chiesti se la conformazione collinare potesse contribuire alla raccolta della pioggia, sfruttandone le naturali pendenze. Nei giorni di pioggia abbiamo rilevato i punti in cui l’acqua si accumulava, scorrendo sulla superficie delle strade. Abbiamo raccolto informazioni su com’erano sfruttati gli spazi aperti, domandandoci se fosse possibile riqualificarli e aumentare le superfici di suolo coltivato, facendo confluire lì le acque raccolte. Anche i tetti delle case possono essere considerati come aree impermeabili di raccolta. Rilevare le destinazioni funzionali e le attività presenti nel costruito corrisponde a considerare i loro differenti fabbisogni idrici ma anche a immaginare come la raccolta dell’acqua piovana possa essere gestita. Si può pensare ad esempio che negli edifici pubblici – come nelle scuole – si abbia una gestione collettiva di questa risorsa, implementando la creazione di spazi verdi aperti a tutti. In sintesi, leggere il villaggio dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico permette di ripensare a come possa in futuro svilupparsi in maniera più sostenibile. Dove convenga costruire, come possano essere realizzate le coperture, gli impianti…
Il 70% dell’acqua fornita al villaggio è utilizzata a livello domestico. Abbiamo incontrato le famiglie non solo per raccogliere ulteriori dati sul loro fabbisogno, ma anche per capire come funzionasse l’intero ciclo dell’acqua all’interno delle case, dal prelievo dalla rete al pozzo nero. Molti dei loro spazi domestici sono stati rimodellati per far fronte alla scarsità della risorsa.
Durante l’inverno la fornitura da parte della rete municipale è continua, in alcuni casi le piogge sono raccolte dal tetto in vista dell’estate in cisterne scavate nel terreno, con una capacità di 50-60 metri cubi. In estate alcuni usano quell’acqua come potabile, con o senza l’uso di clorinatori. Da maggio a settembre la fornitura alle case non è continua, spesso la pressione non è sufficiente per raggiungere le case poste nelle zone più alte del villaggio. Di solito l’acqua raggiunge le case circa due volte alla settimana, la soluzione più diffusa è accumularla in tank di plastica posti sul tetto. Chi può permetterselo compra acqua in bottiglia, perché non sempre l’acqua della rete è pulita. Alcune industrie e attività per far fronte alla produzione acquistano grosse quantità d’acqua da camion-cisterna, che la prelevano da sorgenti presenti nei villaggi vicini. A Birzeit l’acqua delle sorgenti è principalmente utilizzata per irrigare, alcune case ne prelevano l’acqua anche per usi potabili. La presenza delle case e dei relativi pozzi neri rappresenta un fattore di rischio per le vicine sorgenti, causando l’inquinamento dei terreni e delle falde. Pochi pozzi neri sono infatti impermeabili, solo dal 2006 la municipalità ne regola la costruzione secondo criteri più severi. Gran parte degli scarichi finisce nel terreno a causa della mancata manutenzione dei pozzi neri, il cui svuotamento non è gestito a livello municipale e rappresenta un ulteriore costo per le famiglie. I pozzi neri sono svuotati circa 2-3 volte al mese da camion privati, che poi scaricano le acque nere ai margini del villaggio, senza un reale controllo da parte della municipalità. Non è mai stata fatta una campagna per sensibilizzare le persone a una gestione più responsabile degli scarichi.
Dagli incontri fatti a Birzeit sono emersi gli usi e le abitudini più diffuse, i modi con cui si cerca di risparmiare acqua quando manca, i problemi di gestione della rete per quanto riguarda i contatori e le spese.
Inizialmente AVSI ci ha introdotto alla realtà di Birzeit facendoci incontrare il sindaco, la responsabile dell’ufficio tecnico e i rappresentanti della PHG, la ONG partner del progetto. Il campo degli incontri si è via via ampliato: abbiamo incontrato le famiglie, gli abitanti che gestiscono attività all’interno del villaggio, i contadini, gli imprenditori locali, alcune associazioni cittadine, altre istituzioni, i professori della vicina università interessati al tema, alcuni istituti di ricerca presenti in Palestina, altre ONG impegnate sul fronte dei diritti e dello sviluppo sostenibile per conoscere e andare a vedere direttamente quali interventi erano già stati implementati altrove.
[Abbiamo incontrato: ONG e Associazioni: B’Tselem, PHG – Palestinian Hydrology Group, ARIJ – Applied Research Institute Jerusalem, ICC – International Christian Committee, Rawabi, RIWAQ, ICAHD – The Israeli Committee Against House Demolitions; Associazioni cittadine: Birzeit Women Society, Rozana Association; Università: IEWS (Institute for Environmental and Water Studies), Bustaa Qaraaqa; Municipalità: Sindaco Ufficio Tecnico Water Department; Abitanti: Famiglie Contadini Imprenditori locali (Pharmaceutical Company, Stone Factory…)]
Se da un lato questo metodo di incontro diretto ci ha permesso di cogliere quali fossero i bisogni e le aspettative di sviluppo delle persone, dall’altro è stato fondamentale per raccogliere esperienze già realizzate da altre ONG e buone pratiche messe in atto dagli stessi abitanti di Birzeit. Il progetto si è arricchito cioè di nuovi spunti operativi, è stata acquisita maggiore coscienza del livello cui era possibile intervenire per aumentare la disponibilità d’acqua, e quali modalità avrebbero permesso un miglioramento di vita delle persone già nel presente. Attraverso i rilievi e le interviste sono emerse molte criticità, e allo stesso tempo anche alcune potenzialità non sfruttate, legate soprattutto all’uso delle risorse idriche alternative alla rete.
Durante l’incontro con il proprietario di alcune cave di pietra all’interno del territorio di Birzeit ci ha raccontato come gran parte dei macchinari funzioni usando l’acqua. Per affrontare l’aumento dei prezzi e per ridurre i costi, cresciuti in seguito alle restrizioni sulla mobilità, ha iniziato a sfruttare parte della sua cava per raccogliere acqua piovana, rendendosi autosufficiente dall’approvvigionamento della rete e senza dover interrompere le sue lavorazioni in estate.
Un altro abitante stava scavando una cisterna vicino al ciglio della strada, all’interno del suo giardino, con l’intento di convogliare lì la pioggia che scorreva sulla superficie d’asfalto. L’aumentata disponibilità d’acqua gli avrebbe permesso di pulire gli spazi interni ed esterni della casa durante l’estate, lavare la propria auto, ma soprattutto di coltivare buona parte del suo terreno lasciato ora incolto.
Abbiamo visitato una sorgente che la ONG partener, il Palestinian Hydrology Group, aveva riqualificato di recente in un villaggio non lontano da Birzeit, rendendo possibile l’aumento di superficie di suolo coltivato e mettendo a disposizione di tutto il villaggio un nuovo punto di distribuzione di acqua pulita. Il contadino proprietario dei terreni era responsabile della manutenzione della pompa, degli impianti e della piccola costruzione destinata a cella frigorifera e deposito. Era prevista anche l’installazione di una pompa ad energia solare per contenere i costi dovuti alla spesa per il carburante necessario per il pompaggio.
Un altro intervento attuato a livello domestico consisteva nel recupero degli scarichi domestici. Circa il 60% delle acque reflue venivano recuperate attraverso un piccolo sistema di fitodepurazione nel passaggio in vasche di sabbia e ghiaia le sostanze organiche sono eliminate grazie alla presenza di piante fito-depurative e attraverso filtri anaerobici, l’acqua è resa nuovamente utilizzabile per irrigare orti o per usi domestici non alimentari.
Quanto descritto finora dimostra come non si possa distinguere dal momento di progetto la fase dello studio del luogo e dell’analisi dei bisogni. S’inizia la ricerca con un’ipotesi precisa, un’ipotesi che nel guardare al contesto si alimenta di possibilità operative, quindi prende forma dall’indagine. Viceversa l’idea di operare in una certa direzione può significare prendere in considerazione e indagare aspetti del luogo fino allora trascurati. La circostanza in cui ci troviamo ad operare ci rende sempre più coscienti della portata del progetto, delle possibili ricadute del nostro lavoro.
Quanto raccontato nei punti precedenti è stato reso possibile da una condivisione d’intenti tra chi ha svolto le indagini, il team di AVSI già presente sul campo e i consulenti coinvolti. Ciascuno ha dovuto far suo il contenuto del metodo, comprendendo il valore di quello “sguardo più ampio” per il progetto. È stato possibile ricucire la cesura tra uno studio del contesto dal basso e una soluzione di progetto imposta in maniera “top-down”. Il coinvolgimento con i destinatari del progetto è fondamentale, irrinunciabile, perché pone le basi di una presenza più radicata al luogo, in un rapporto di fiducia reciproca crescente.
Conclusione.
Nel nostro lavoro di tesi siamo arrivate a formulare proposte concrete, cioè a tratteggiare da quanto era emerso uno scenario futuro. Il metodo – in tutte le componenti esplicitate – ha permesso di maturare una strategia d’intervento. Abbiamo voluto porre l’accento su ciò che ha reso possibile un tale esito.
In ultima analisi emerge la necessità di “attrezzare” il nostro modo di guardare, occorre cioè educare lo sguardo, perché il progetto possa diventare esperienza condivisa in tutta la sua portata. Crediamo che il mettere in comune dentro la realtà di AVSI esperienze come questa sia fondamentale e dia un contributo in questa direzione.